La storia di Ostellato ha origini antichissime, come testimoniano i numerosi reperti archeologici, rinvenuti durante gli scavi e le opere di bonifica.
La prima attestazione risale al 997, quando fu citato col nome di "Ustullatum" in una bolla papale emessa da Gregorio V. Appartenne prima a Comacchio, poi all'Abbazia di Pomposa, sotto Guido Monaco, finché venne a far parte dei possedimenti Estensi.
In questo periodo fu una frequentata meta di caccia e di svago da parte dei duchi d'Este, che fecero costruire alcune residenze, quali il Palazzo Strozzi, distrutto durante il ducato di Alfonso I d'Este, Villa Tassoni, e la Villa Marfisa, oggi Villa Dalbuono, ancora conservate.
Esistono inoltre il podere Ca' Matte e la palazzina Dianti: il primo è situato su un dosso nella valle del Mezzano e fu costruito dagli Estensi nel 1450, come casa di caccia. In origine era affiancato da due torri per l'avvistamento della selvaggina, oggi scomparse.
La seconda, invece, posta in località Libolla, appartenne a Laura, la "favorita" del Duca Alfonso I.
Dopo la devoluzione del 1598, quando gli Estensi persero il ducato di Ferrara, Ostellato tornò, come tutta la provincia, sotto il governo Pontificio, che portò il territorio a subire progressivamente la perdita delle valli, in favore di Comacchio.
L'indifferenza nella gestione delle acque dimostrata dal Papato fece sì che imperversassero le inondazioni e le epidemie. Solo a partire dalla metà del XIX secolo la situazione migliorò, grazie alle massicce e radicali opere di bonifica, conclusesi definitivamente solo negli anni '60 di questo secolo. Da segnalare a questo proposito sono le Anse vallive di Ostellato, ultimo esempio relitto delle numerose zone umide che caratterizzavano la zona.
Oltre all'Oasi, è presente il Museo Civico di Storia Naturale del Delta del Po, che funge da centro di documentazione ambientale del territorio.
Di notevole pregio artistico è la Pieve romanica di San Vito, che risale all'XI secolo.
La chiesa parrocchiale, dedicata ai S.S. Pietro e Paolo era un'antica pieve della Diocesi di Ravenna, che fu distrutta e ricostruita in un altro luogo nel 1638. Oggi resta ancora visibile il vecchio campanile, del 1588, a 200 m dalla chiesa attuale, che ne è sprovvista.